A Wicked Witch - Dondolando in dondolina

Era un pomeriggio d’estate e Rebecca se ne stava in totale relax nel terrazzino della sua casa in periferia.
Il caldo era insopportabilmente afoso, come tutti i pomeriggi dell’ultima settimana, la voglia di fare qualcosa di utile in casa era completamente svanita, evaporata al sole, e cullarsi sulla sdraio a dondolo era l’unico sforzo che Rebecca riusciva a fare.
E così passava le sue ore, in compagnia di un buon libro che ogni tanto riponeva dietro la schiena per perdersi nei suoi pensieri.
Per quanto Rebecca si sforzasse di pensare a cose frivole e leggere, come organizzare cene con gli amici, quali vini comprare, quali dolci preparare oppure immaginarsi con il vestito visto il giorno prima in qualche vetrina, il suo pensiero ricadeva sempre là e sempre sulla stessa persona. Ormai era già da un po’ che avrebbe dovuto chiudere con questa storia ma Rebecca non riusciva proprio a spiegarsi come mai questa volta fosse così difficile mettere via i ricordi.
Era da tanto tempo che Rebecca non si sentiva così felice come dal giorno in cui si erano conosciuti. Lui la faceva sentire più sicura, la riempiva di coccole e attenzioni tanto che Rebecca appariva ancora più bella e raggiante anche agli occhi dei suoi amici. Tutti la vedevano rinata, sorridente, ma non il sorriso che Rebecca aveva sempre quando stava con gli amici, si trattava di un sorriso speciale, radioso, che le faceva brillare ancora di più gli occhi e le illuminava il viso di gioia.
Rebecca stava proprio bene. Stava bene con lui, stava bene con gli amici, stava bene con la famiglia e stava bene con se stessa. Era decisamente da tanto tempo che Rebecca non si sentiva così bene e così felice.
Poi, improvvisamente, tutto era cambiato. Per Rebecca fu come un fulmine a ciel sereno.

In realtà, qualche avvisaglia c’era stata, qualcosa non andava più come all’inizio: lui sembrava più distante, non la chiamava più appena era in pausa dal lavoro, non le scriveva più le sue dolci poesie, non rideva più come una volta. Qualcosa era cambiato.
Anche Rebecca si era distaccata un po’: non lo cercava più appena aveva un momento libero, ma stava sempre ad aspettare un suo primo passo, un suo primo messaggio che non arrivava quasi mai. Sentiva che le cose stavano cambiando troppo in fretta e non riusciva più a decifrare quegli strani sentimenti che provava nei suoi confronti. Inoltre, quando cercava di parlare con lui, quando cercava di capire quali fossero i suoi sentimenti, veniva sempre rassicurata dalle sue dolci parole che la tranquillizzavano… “Non c’è niente che non va, ti stai facendo investire da un treno che non esiste”, le diceva.
Ma ecco che il treno arrivò e colpì Rebecca in pieno!
C’era voluto un po’ prima che Rebecca smantellasse quella corazza che si era costruita negli anni. Troppe delusioni d’amore l’avevano resa diffidente nei confronti dei ragazzi, ma stavolta sentiva che c’era qualcosa di speciale, era scoccata una strana e piacevole scintilla, era come se si conoscessero da sempre e Rebecca aveva iniziato a lasciarsi andare, smantellando pian pianino la sua fortezza.
Adesso avrebbe tanto voluto ricostruire in fretta la sua bella corazza, stava bene prima di conoscerlo ed era sicura che sarebbe stata bene di nuovo, ma sapeva anche che ci sarebbe voluto del tempo e tanta pazienza.
Avrebbe tanto voluto poter dare ragione agli amici di lui che lo rassicuravano dicendogli “Vedrai che è una che gira pagina dopo due giorni”… avrebbe proprio voluto essere così brava e forte, ma questa volta era particolarmente dura.
E non poteva non esserlo dal momento in cui Rebecca, incitata dall’entusiasmo di lui, si divertiva spesso a fantasticare sul loro futuro insieme, su dove avrebbero potuto passare le vacanze estive, sulle future cene a base di pesce nella terrazza con vista mare… seppie, immaginava lui, orata al cartoccio o branzino al sale, immaginava lei…
Rebecca sognava ad occhi aperti ogni volta che lui, sorridente, le diceva di essere totalmente catturato dal suo charme, dal suo modo di essere e di fare che non avrebbe dovuto cambiare mai, da quel suo modo di sbattere le palpebre che lo stregava e grazie al quale lei avrebbe potuto chiedergli qualsiasi cosa perché lui non avrebbe saputo resistere a quelle ciglia naturalmente lunghe… “Non c’è niente che mi faccia pensare che non arriveremo all’estate”, le diceva sempre, ma il treno arrivò puntuale mentre l’estate stava appena per iniziare.
E così Rebecca se ne stava sulla sua dondolina, in totale relax, perdendosi tra i suoi pensieri e cercando di distrarsi, per quanto le fosse possibile.
Qualsiasi cosa Rebecca facesse, le faceva tornare alla mente lui. Qualsiasi cosa vedesse, qualsiasi odore, qualsiasi suono, la riportavano sempre allo stesso pensiero. Vedeva delle somiglianze in ogni persona che incrociava.
Ultimamente Rebecca non ascoltava più la radio perché tutte le ultime canzoni le associava a dei momenti insieme a lui; non aveva ancora lavato l’abitino indossato l’ultima volta per la cenetta romantica perché solo a guardarlo le veniva la nausea; non mangiava più di gusto com’era solita, complice il caldo afoso e il mal di stomaco costante; non indossava più i vestiti comprati grazie ai suoi consigli; non guardava più le notizie degli amici su Facebook per non ritrovarsi davanti una sua foto o un suo post… già se lo immaginava in spiaggia, con i racchettoni, la palla, per pranzo un toast e una birra, in serata un aperitivo con un fresco mohito e qualche ballo a piedi scalzi sulla sabbia ascoltando la band di turno che suona e canta dal vivo.
Non era per niente facile riuscire a non pensare… Rebecca posò il suo libro dietro la schiena e chiuse gli occhi. Una lacrima scese sulla sua guancia sinistra.
“Rebeccaaa, Rebeccaaa”, qualcuno la stava chiamando a squarciagola. Rebecca aprì gli occhi e lo intravide, attraverso la ringhiera del terrazzo, in mezzo al parcheggio sotto casa sua. Rebecca si alzò dalla dondolina e si affacciò al balcone, era proprio lui e stava là, in piedi, a guardarla con un mazzo di rose rosse in mano.
“Perdonami, ho capito che mi manchi da morire. Mi manchiii”, le gridò.
Rebecca sfrecciò giù dalle scale, dritta in strada, dritta da lui.
“Stupido!”, gli disse, poi lo abbracciò saltandogli al collo e insieme iniziarono a girare come su una giostra, tra baci, lacrime, sorrisi ed emozioni ritrovate.

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